Seduta a una brasserie della Gare du Nord, Aline
Berger aspetta il treno che la riporterà a casa, dopo qualche giorno di
ricerche in biblioteca a Parigi. Aline insegna letteratura all’università di
Bruxelles, e nell’attesa legge Orlando di Virginia Woolf senza grande passione e coinvolgimento. A un tratto l’impossibile si compie: la metà ribelle dell’assennata anima di Aline la abbandona per incarnarsi nel bel giovane seduto al tavolino accanto, Lucien Lefrène, che una voce narrante caustica e pungente ribattezza Orlanda, in omaggio appunto alla Woolf. Il distacco produce una ferita che si risanerà solo
quando l’unità originaria, come nel mito platonico dell’androgino, verrà
ricomposta.
Ironico e affascinante, costruito su riferimenti colti e su
avventure erotico-galanti, il romanzo gioca con un desiderio diffuso. Chi non
ha mai voluto anche solo per un momento cambiare sesso?
Jacqueline Harpman
Nata a Etterbeek (Belgio) nel 1929 e scomparsa a Bruxelles nel 2012, è stata psicoanalista, oltre che scrittrice.
La sua famiglia, di origine ebrea, si trasferì a Casablanca durante l’invasione
nazista e tornò in Belgio alla fine della guerra. Dopo aver abbandonato la scrittura
per un ventennio, ha inaugurato la seconda fase della sua carriera letteraria
nel 1987. Nel 1996 ha ricevuto uno dei più importanti riconoscimenti francesi,
il Prix Médicis, proprio per Orlanda e nel 2006 il Grand Prix de littérature de
la Société des gens de lettres per il complesso della sua opera. Ha
pubblicato oltre venti romanzi.
Chiara Valerio, l'Unità, 24/06/2010
La disubbidienza di sé è «Orlanda» (ma niente paura di Virginia Woolf...)
Alessia Mocci, Sul Romanzo, 25/05/2010
“Orlanda” di Jacqueline Harpman: la scissione dell’io
Giusy Muzzopappa, Stile.it, 26/04/2010
Orlanda e il mito dell’androgino